Di Emanuela Pulvirenti

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Il giallo, colore presente in natura in forma di pigmento di origine minerale, compare nella pittura fin dalle origini. Dal Trecento al Settecento, è usato quasi esclusivamente come sfondo o come colore degli abiti. Nel Medioevo, in particolare, il giallo è quello del fondo d’oro delle pale d’altare, come l’Annunciazione di Simone Martini (1333), un colore che allude allo spazio sacro in cui si svolgono le scene raffigurate.

 

 

Successivamente, in toni più o meno squillanti, fa parte dell’abbigliamento dei personaggi ritratti. Non delle figure sacre, per le quali si sceglie preferibilmente il rosso e il blu, ma di altri personaggi secondari. In Jan Vermeer compare spesso per il corpetto femminile in una tonalità tenue ma luminosa, come nella Lattaia (1660).

 

 

Nell’Ottocento cambia tutto. Con Caspar David Friedrich il giallo può tingere l’intero cielo, non per indicare un luogo divino ma per imitare la luce calda del tramonto (1818). Questa inonda di tepore l’intero paesaggio, tanto che la tavolozza è tutta sulla stessa gamma cromatica, senza nessun colore discordante.

 

 

Con William Turner il giallo è quello del fuoco (1835). Grazie al contrasto con l’azzurro del cielo e ai riflessi sulla superficie dell’acqua le fiammate gialle e arancioni si fanno ancora più potenti.

 

 

Verso la fine del secolo, con Claude Monet, il giallo torna ancora come imitazione di fenomeni naturali. Nella raffigurazione della cattedrale di Rouen al tramonto (1894), la facciata gotica dell’antica chiesa si tinge completamente di toni dorati.

 

 

Il giallo perde la sua connotazione naturalistica con Paul Gauguin. Il suo Cristo giallo (1889) è onirico e irreale. La presenza del viola, complementare del giallo, rende ancora più acceso il colore livido dell’insolito Crocifisso.

 

 

L’accostamento di colori si fa ancora più ardito con Fortunato Depero. Siamo già nel Novecento e i colori vengono usati con il preciso scopo di attirare l’attenzione vibrando in tutta la loro potenza cromatica, come nei manifesti per il Campari (1926). Anche in questo caso il giallo è abbinato al viola.

 

 

Il massimo dell’intensità del giallo si raggiunge con Andy Warhol. Nel suo dittico di Marilyn (1962) accosta gli stessi volti a colori e in bianco e nero. Il giallo limone, spicca su ogni altra tinta, rendendo la Monroe di un biondo puro, che più biondo non si può. Ma quel giallo vive quasi di vita propria, diventando per la prima volta il vero protagonista dell’opera.

 

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Emanuela Pulvirenti

Architetto, blogger e docente di Disegno e Storia dell’arte. Nel 2011 ha creato il sito Didatticarte che nel 2016 è stato insignito del Premio Silvia Dell’Orso per la divulgazione dei beni culturali. Dal 2014 collabora con la casa editrice Zanichelli per la formazione degli insegnanti sulla didattica digitale e la realizzazione di risorse per la scuola. Nel 2018 ha pubblicato Artemondo, manuale di arte e immagine per la scuola secondaria di primo grado edito da Zanichelli.