Di Federica Cantrigliani

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Omini ballerini, cani, cuori e simboli quasi primitivi, semplici ma pieni di significato: impossibile non riconoscere le opere di Haring al primo sguardo. Artista, writer e attivista, sicuramente precursore e modello di riferimento per molti artisti moderni della street art, ha creato un vero e proprio flusso grafico, un linguaggio visuale inedito e inconfondibile.
Haring amava l’arte, voleva che fosse accessibile, sostenibile, libera e fruibile da più persone possibili. Sapeva che spesso le sue opere erano temporanee, sarebbero state cancellate, coperte o modificate ma questo non gli impediva di ‘pubblicare’ la sua opera. Molto prima dei social media, di whatsapp e dei cellulari con fotocamera c’erano i muri, sotto gli occhi di tutti, liberi e imponenti per comunicare, raccontare e condividere idee e pensieri.
Ma lo sapete che Haring, che spesso associamo a colori pop sgargianti, ha iniziato a disegnare con un gessetto bianco e carta lavagna nera, nei sotterranei della metropolitana di New York? La leggenda vuole che riuscisse a creare una media di quaranta opere al giorno. La grande mela ne era letteralmente invasa. I newyorkesi se ne innamorarono e, incuriositi, si appassionarono, molti, nell’epoca in cui ancora non esistevano social e geolocalizzazioni percorrevano chilometri e chilometri nei sotterranei della metro ‘solo’ per vederlo all’opera.

Haring dava vita ai pensieri delle persone. “Le mie immagini, proprio perchè hanno a che vedere con parole e idee umane molto semplici e comuni, sono molto universali, vogliono essere molto universali, ed essere comunicative in modo universale”
E così con grande semplicità rappresentava concetti come la nascita, la morte, la maternità, l’amore, il sesso, la guerra fino ad arrivare a uno dei temi caldi del suo periodo: il consumo di droga.
Keith non aveva paura di esprimere la sua idea, di condividere pensieri e opinioni all’interno di una visione chiara e precisa: la sua arte aveva (ha) l’obiettivo di sensibilizzare, eliminare il pregiudizio e spingere le persone a ‘pensare con la loro testa’ uscendo dal conformismo imposto dalla società dei boomers molto forte e alla ricerca di un effimero successo tipico dell’America anni ‘80. “A me interessa fare dell’arte che venga sperimentata ed esplorata dal più ampio numero possibile di individui, con altrettante diverse idee individuali su un certo lavoro senza nessun significato definito. Lo spettatore crea la realtà, il significato, il concetto alla base del pezzo. Io sono solo un intermediario che tenta di raccogliere delle idee”

La base del lavoro di Haring è la voglia di crescere attraverso il confronto e la condivisione. Dovrebbe essere così per ogni professionista.
Mi piace ripetere spesso che ‘nessun uomo è un’isola’. Solo attraverso la costruzione di alleanze positive, solide e autentiche si può crescere e migliorarsi. Imparando da chi ha più esperienza e lasciandoci ispirare, non copiando ma rielaborando a modo nostro idee, progetti, opere e lavori. Il confronto è uno strumento di crescita senza pari, per questo ogni persona dovrebbe avere almeno due gruppi mastermind;
– Con altri professionisti affini, partner, colleghi, persone che condividono un certo percorso lavorativo in grado di parlare la stessa lingua (soprattutto se tecnica) e che possa aiutare a dare vita a nuovi spunti di riflessione e progetti.
– Con clienti e potenziali clienti, un pubblico con cui confrontarsi e crescere in un dare-avere utile e proficuo

Ispirazione e condivisione sono le due facce di un’unica medaglia per posizionarsi in modo chiaro come professionisti, costruendo la propria dimensione di unicità e studiando la propria strategia professionale partendo da una visione concreta, chiara, reale e realizzabile. Quindi cosa aspetti? Metti in piedi subito il tuo primo gruppo di confronto (se ancora non lo hai) e poi fammi sapere come vanno le cose.

Ah, sapete a chi si ispirava Keith? A Picasso, così per dire.

Federica Cantrigliani

Sono Federica e il mio scopo è rendere i liberi professionisti più felici nel loro lavoro. Sono una psicologa specializzata in branding e una coach umanista, mi definisco una ikigai specialist perchè mi occupo di personal branding partendo dall’identificazione della vocazione, delle potenzialità, delle competenze e delle peculiarità uniche di ogni persona. Perché l’importante non è cosa fai ma perchè lo fai!

www.federicacantrigliani.it