Di Marina Gellona

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“Amore” vuol dire mille cose e in un quartiere un po’ meno conosciuto della città più bella del mondo, chiama in gioco altrettanti colori (e qualche bianco e nero).

Finalmente Parigi. I libri. Camminare. I dipinti e i collage che artisti e artiste hanno disseminato tra le strade e i palazzi. Non aspettavo altro da settimane, e ora che sono qui provo una gioia immensa e fragile come il calice di cristallo che ho davanti, in questa via graziosa, già preziosa nel nome: Rue du Cinq Diamant spiana tra le stradine in salita del tredicesimo arrondissement, che prendono il nome di Butte aux Cailles. Non appena è finita questa primavera dolorosa di confinamento e di confini da attraversare solo con l’immaginazione, ho comprato un biglietto vero di un treno vero, alcuni libri e sono partita; è estate, la giornata è luminosa e piena di vento, bellissima.

Davanti a me c’è un’opera di street art che mi piace già moltissimo e che racconta lo spirito che anima questo viaggio: un viaggio che mi regalo come una coccola all’aria aperta dopo mesi di lavoro e di casa… è davvero un viaggio d’amore. D’amore non di coppia, non è questo il motore del viaggio. Sono alla ricerca dell’amore per l’espressione che diventa comunicazione e arte sociale, dell’amore per gli spazi condivisi, urbani, di quartiere; voglio dare spazio al mio amore per Parigi e per l’arte di strada. “Ma vai di nuovo a Parigi?!” mi chiede qualcuno, sì, di nuovo, sempre, ancora, ogni volta che posso. Perché l’amore è così: è ancora e ancora e ancora, è volerla vedere in ogni stagione, a ogni ora del giorno e trovarla sempre splendida e contraddittoria come ogni essere vivente, come ogni essere amato. Ed è il viaggio dell’amore per me stessa, che significa cura di me, riparazione di ciò che sento sfilacciato o logorato, di ascolto e accoglienza profonda di chi sono diventata in questi mesi così diversi dal tempo che ho vissuto finora; voglio che sia un viaggio lento, di percorsi nuovi, di quartieri che non avevo ancora visto, come questo, arrampicato su un colle oltre Place d’Italie.

L’opera che ho davanti è di un artista che si chiama Monsieur Bonheur, che per inciso significa signor Felicità, e che sulla sua pagina Instagram descrive così l’immagine dipinta sul muro:  “Al centro c’è una donna con gli occhi chiusi, i suoi capelli fluttuano, sembra pacificata, emana una sensazione di benessere, è circondata da elementi naturali, irreali, onirici. Due insetti la osservano e le sono vicini. Per me guardare questo ritratto è un invito all’introspezione, a ricentrarmi su di me, a rigenerarsi nella natura. Lo scarabeo in Egitto è simbolo di rinascita e protezione. Incarna il dio del sole che rinasce ogni mattina all’alba. Spesso si ritrova accanto alle mummie”.

 

 

Sono arrivata in questo quartiere dopo aver sfogliato avidamente le pagine della Guide du street art à Paris, di Stéphanie Lombard e Simon Hoareau; è uno dei libri che porto con me in questo viaggio, ed è un invito alla scoperta della capitale francese attraverso le opere degli artisti e delle artiste che hanno scelto i muri della città, dei suoi palazzi, dei suoi passages, le porte, i cornicioni, le finestre come supporto, contesto, luogo sociale e palcoscenico per esprimersi; è una guida illustrata e formato tascabile, disponibile in francese o in inglese, periodicamente esce una versione aggiornata, l’ultima è del 2020.

Il libro propone dieci itinerari (quindi: bisogna stare a Parigi almeno dieci giorni!) dieci camminate, che ti portano dal cuore di Parigi, il Marais, alle sue periferie, le passeggiate possono durare dall’ora alle quattro ore per gli itinerari più lunghi, come quello che porta qui dove sono ora, nel tredicesimo arrondissement o allungarsi nei luoghi intorno a Parigi, come quella a Vitry-sur-Seine, a Montreuil o a Saint-Denis. Per ogni itinerario c’è una mappa, di facile consultazione, con la guida alle opere che si possono trovare a ogni ora del giorno e della notte e senza pagare nessun biglietto; ci sono approfondimenti su artisti e tecniche e anche su caffè e librerie e ristorantini dove rifocillare anima e palato durante le passeggiate.

 

Democratica, anarchica e bellissima

La street art è la forma più democratica, accessibile, fruibile che esista, penso rimettendomi in cammino tra le deliziose strade e piazzette di Butte aux Cailles, lasciando la donna tra i papaveri e i suoi sogni ma portandone un’immagine per sempre con me. E ciò che mi regalano questi passi, a ogni passo, sono gli affascinanti e ironici stencil di Miss.Tic. Una scoperta del precedente viaggio a Parigi, un indizio del mio futuro viaggio, che avevo trovato in tutt’altro quartiere, nei pressi dell’elegantissima Place de Vosges, dove le gallerie d’arte propongono opere da migliaia di euro e dove invece avevo visto, mesi fa, su un muro tra un caffè e l’altro, uno stencil accattivante che mi aveva incuriosita. Ho approfondito e ho scoperto che Miss. Tic ha lavorato moltissimo sui muri di tutta Parigi e in particolare del quartiere in cui mi trovo, con opere come queste, dove lo sguardo è attratto da silhouette di donne bellissime, formose, fascinose e le parole sono di pungente sincerità, ironiche, femministe, anche se lei di sé dice, in molte interviste, “sono molto più di una femminista, sono edonista, sono anarchica…”; le donne, nei suoi stencil, sono piene di humor e di voglia di vivere, si riprendono tutto il potere buono e sano che è giusto riconoscersi: dello sguardo, della libertà, del desiderio, della parità, della parola.

 

 

 

Miss. Tic è una donna meravigliosa, ispirante, originale: ascoltate e guardate questa intervista, in francese: https://vimeo.com/273078037, dove potete vedere anche come come lavora, come pensa, che cosa la ispira; mentre qui trovate il suo sito: http://missticinparis.com e qui una lunga intervista in inglese, da leggere: https://www.artinterview.com/en/interviews/miss-tic/).

 

Con il monopattino, tra le opere XXL

Nei giorni successivi torno nel tredicesimo arrondissement, questa volta ai piedi della collina dove Miss. Tic e molti altri (che qui non ho lo spazio per raccontare ma che trovate nella guida di cui vi ho parlato) mi hanno emozionata; l’epicentro di una mattina che mi scuoterà l’anima è ancora Place d’Italie ma le vie che percorro, questa volta in monopattino, sono l’opposto delle stradine di ciottoli e rampicanti fioriti e tavolini all’aperto di Butte aux Cailles: sono ampie, a volte rumorose, mi ci sento piccola come una bambina all’uscita da scuola.

Il tredicesimo arrondissement è davvero un quartiere interessantissimo, dove la più antica piscina di Parigi (una costruzione bellissima in mattoni rossi nel quartiere sopra Place d’Italie) convive, poco più in là e più sotto, con schiere di palazzoni bianchissimi di più di venti piani e senza balconi, dove molti street artist trovano un gran numero di metri quadrati per le opere che l’autrice della guida definisce giustamente extra-large. Sono quartieri, questi, dove Parigi inizia a mostrare un volto più sfaccettato, meno turistico, comunque bellissimo, sicuramente non facile dal punto di vista sociologico: complessità da coordinare, bisogni a cui rispondere, dialoghi da costruire. In questo arrondissement, il tredicesimo, l’arte sui muri ha un ruolo fondamentale, interessantissimo e ne sono presenti decine di esemplari monumentali (qui trovate almeno trenta opere, ma ce ne sono molte di più: una visione aerea e d’insieme? La trovate qui: https://www.youtube.com/watch?v=urKXvZiJSAY)

Leggo nella guida che il processo che porta alla definizione e alla scelta di posare un’opera su un muro è delicato, partecipato e complesso: prevede riunioni con gli inquilini, incontri con l’artista, con l’amministrazione pubblica, proposte viste e riviste e scopro che me ne piace uno di loro, in particolare, Julien Malland, in arte Seth, particolarmente attento alla conversazione che si crea tra l’opera e il luogo e tra i bambini (o l’animo bambino dei grandi) e le bambine e le opere d’arti giganti e coloratissime che disegna sui muri. I bambini delle sue opere danno spesso le spalle a chi guarda, si immergono nei colori, evadono e trasformano la realtà: l’artista rafforza l’istintivo slancio dell’immaginazione infantile, capace di spostare i muri, di guardare attraverso, di immaginare qualcosa di diverso da ciò che ci circonda e quindi – forse – di renderlo possibile. Torna, guardando questi bambini soli e magici, la sensazione di incanto e di fragilità che avevo provato guardando l’opera di David Bonheur attraverso il calice di vetro davanti all’opera in rue du Cinq Diamants.

Scopro, leggendo la biografia di Seth, che il suo desiderio di colori, di sguardi altri, di incontri e di letture l’ha portato a girare diversi Paesi del mondo e a collaborare con artisti dei luoghi in cui è stato e a conoscere e amare i luoghi, e soprattutto le persone, pensando a un’opera apposta per loro, che tenesse insieme le identità molteplici di un posto, le sue ferite, i suoi sogni. Così, Parigi diventa, con Seth, un crocevia verso altri viaggi, altre clessidre da girare, altri artisti da conoscere, altre carezze per l’anima. A voi, ora, buon viaggio con lui, tra Parigi e il mondo: https://seth.fr/portfolio/

 

 

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Marina Gellona

Da bambina, come tante, amavo la formula magica con cui si chiudono quasi tutte le fiabe: “e vissero tutti felici e contenti”. Crescendo ho capito che il lieto fine non si verifica con facilità, in nessun ambito della vita: e per un periodo non l’ho presa bene. Mi sono laureata in filosofia con molte domande esistenziali in testa, ho lavorato per il commercio equo, ho vissuto Genova durante il G8 del 2001 e ho cercato uno strumento interpretativo ulteriore: la narrazione.

Espressione contro repressione era il mio mantra, quando mi sono iscritta alla Scuola Holden di tecniche della narrazione. Da allora mi impegno in ricerche e progetti legati al raccontare: dal 2003 insegno una forma di narrazione molto particolare, quella che si scrive ascoltando le persone che raccontano la propria vita o un’esperienza significativa; poi insegno giornalismo per bambini, manutenzione della creatività e scrittura fiabesca. Ho pubblicato racconti; scrivo per alcune riviste, sono giornalista pubblicista. Curo il progetto Infinito8marzo, che dà voce alle donne intervistandole per le strade della mia città, Torino. Le fiabe sono tornate nella mia vita e sono, a volte, tema delle mie lezioni: non ho ancora trovato la formula magica, ma conosco e insegno il potere conoscitivo e sociale delle storie ben raccontate. Qualunque sia il loro finale.

A maggio 2020 è uscito il mio libro Ascoltare e narrare le vite degli altri. Oltre gli stereotipi, i silenzi, le ingiustizie per Dino Audino Editore.