Di Federica Cantrigliani

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Se parlando di Van Gogh abbiamo parlato di sindrome dell’impostore, parlando di Monet non possiamo che parlare di allenamenti e ripetizioni. Non so se siete mai stati al museo dell’Orangerie (Musée National de l’Orangerie), situato nel cuore di Parigi all’interno dei giardini delle Tuileries a due passi del più famoso Louvre, se non lo avete mai fatto, appena possibile visitatelo e lasciatevi travolgere dalle ninfee di Monet. Sono esposte in una grande sala che abbraccia letteralmente il visitatore che si ritrova immerso nel mondo fatato dell’autore e della sua villetta (con annesso giardino giapponese) di Giverny dove il pittore ha passato gli ultimi anni della sua vita. La prima volta che le ho viste sono rimasta incantata. Sembravano galleggiare leggere nell’acqua, l’opera è così ricca di dettagli da circondare e inglobare lo spettatore che diventa parte stessa del dipinto “l’illusione di un tutto senza fine, di un’onda senza orizzonte e senza rive”, secondo le parole dello stesso Monet.

 

 

Perché faccio questa introduzione, perché Monet, per raggiungere questi risultati, si è allenato. Si calcola che abbia dipinto oltre 250 opere rappresentanti ninfee. Solo quelle, ninfee. Non fiori, ninfee. Un allenamento continuo, ponderato e consapevole che ha portato alla realizzazione di alcune delle opere più emozionanti (oltre che famose) di un artista che era già famoso e avrebbe tranquillamente potuto vivere di rendita.

A differenza del nostro povero Vincent, vittima del suo critico interiore, Claude ha lavorato per migliorarsi, giorno, dopo giorno, dopo giorno e lo ha fatto partendo da qualcosa che lo appassionava: il giardinaggio. Ha studiato e analizzato luce, prospettiva, colori, piante, stagioni, orari e tutto ciò che poteva influenzare il suo lavoro per costruire una strategia di allenamento che gli permettesse di creare il quadro (o la serie di quadri) che desiderava. Ogni opera era parte integrante della sua visione: una rappresentazione del suo giardino, costruito con calma, amore e dedizione e tutto questo traspare senza dubbio in ogni singolo quadro o disegno.

Monet ha lavorato su di sé, per migliorarsi e crescere come persona prima che come pittore, per lui, la creazione di quella serie era ricca di significato e gli permetteva di esprimersi al suo massimo, di sfidarsi, di migliorarsi, in una parola, di continuare a crescere nutrendo la sua creatività e la sua passione per piante, fiori e architettura di paesaggi.
E qui arriviamo al nocciolo della questione: se vuoi migliorare devi lavorare. Chiunque nella vita abbia avuto successo lo ha fatto grazie a un buon allenamento e alla perseveranza. E come facciamo ad allenare la perseveranza?

La faccio facile: crea un obiettivo e portalo a termine.

Certo detto così sembra una stupidaggine ma ti assicuro che (spesso) è più complesso di quello che sembra. In primo luogo è facile darsi degli obiettivi ma è difficile darsi degli obiettivi reali e realizzabili. Non sto a rifilarti la manfrina degli obiettivi SMART (“Specifico, Misurabile, Attuabile, Rilevante, Temporizzabile”) ma due dritte vorrei dartele:
1- crea sempre obiettivi chiari, senza di più o di meno, ma con unità di misura e di tempo specifiche così sarai in grado di capire quando li avrai raggiunti
2- concentrati su cose che sono il più possibile sotto il tuo controllo, più sono io la responsabile del raggiungimento del mio obiettivo più è facile io possa raggiungerlo
3- formula i tuoi obiettivi sempre in termini positivi, così farai in modo che anche per il tuo cervello sia più semplice comprenderli, registrarli e metterti in condizione di raggiungerli.

 

 

Ma c’è di più. Monet ha costruito il suo lavoro più bello e maestoso concentrandosi su ciò che per lui era importante. Parti anche tu dai tuoi valori, dalle passioni e da ciò che per te rappresenta un significato profondo. Più i tuoi obiettivi si basano su una espressione potente di quello che oggi definiamo vocazione ma che a me piace chiamare in modo più completo e profondo ikigai, più sarà semplice per te lavorarci per raggiungerli e superarli. Quindi, mi raccomando, costruisci sempre i tuoi obiettivi concentrandoti su ciò che è importante per te, non solo sulle aspettative degli altri.
Ora non voglio dire sia facile ma dipende da te, cosa vuoi fare?

Ti aspettiamo sul gruppo di Sognosoloacolori per parlarne insieme!

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Federica Cantrigliani

Sono Federica e il mio scopo è rendere i liberi professionisti più felici nel loro lavoro. Sono una psicologa specializzata in branding e una coach umanista, mi definisco una ikigai specialist perchè mi occupo di personal branding partendo dall’identificazione della vocazione, delle potenzialità, delle competenze e delle peculiarità uniche di ogni persona. Perché l’importante non è cosa fai ma perchè lo fai!